La festa in onore del primo cristiano che ha dato la vita per testimoniare la propria fede in Cristo e per la diffusione del Vangelo, si celebra il 26 dicembre di ogni anno. Il Santo non viene celebrato ovunque nello stesso giorno: il 26 dicembre è la data della festa Cattolica e di quella protestante, mentre quella ortodossa lo ricorda il 27. Il 26 dicembre viene definito anche come giorno degli avanzi, dove si consuma ciò che è rimasto da pranzi e cenoni natalizi. Rappresenta, comunque, un momento da trascorrere in famiglia rilassandosi dopo i giorni più intensi delle feste o per organizzare, in tempi normali, una gita fuori porta. L’Italia rese festivo questo giorno il 1947, ma non su richiesta della Chiesa cattolica: l’obiettivo era semplicemente prolungare le vacanze di Natale con due giorni festivi consecutivi. Cosa che accade anche nel caso del Lunedì dell’Angelo, informalmente Pasquetta, festa non religiosa, ma che vuole solo allungare la Pasqua.
Chi era Stefano?
Fu il primo dei sette diaconi scelti dalla comunità cristiana perché aiutassero gli apostoli nel ministero della fede. Intorno al 36 d.C., accusato di blasfemia, venne condannato alla lapidazione. Fu il primo martire della cristianità, per questo, infatti, è chiamato “protomartire”. La certezza sulla data di morte è dovuta proprio al ricorso alla lapidazione, tipica esecuzione giudaica, e non invece alla crocifissione, che invece era impartita dagli occupanti romani. Il principale inquisitore fu Saulo di Tarso, che poi diventerà San Paolo. Ebreo di nascita, e convertito alla fede dalla predicazione di S. Pietro, mostra subito un meraviglioso zelo per la gloria di Dio e una grande sapienza nel confutare i Giudei, che increduli disprezzavano il Nazareno. Per questo si attirò l’odio dei Giudei che non potevano soffrire tanto zelo, né resistere alla sua sapienza, operatrice di numerose conversioni. Essi vollero dapprima disputare con Stefano, ma vedendosi vinti dallo Spirito che parlava per bocca di lui, cercarono falsi testimoni per accusarlo di bestemmia contro Mosé e contro Dio. Il Signore però volle manifestare la innocenza del suo servo facendo apparire il suo volto bello come quello di un Angelo. Dopo la lettura delle accuse, il sommo sacerdote Caifa gli disse di parlare per difendersi, ed egli fece la sua apologia, rappresentando loro la bontà e la misericordia del Signore verso il popolo ebreo, cominciando da Abramo fino a Davide.