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Riflessione sul “sostegno” dopo la risposta della mamma di Andrea, ragazzo disabile

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Diventa virale la risposta fornita dalla   madre di un bambino disabile all’insegnante di sostegno che si  lamentava  dell’atteggiamento dell’alunno frequentante una scuola romana.  “Oggi Adriano si è comportato male in classe… Anche se richiamato più volte ha continuato a fare dei piccoli rutti, disturbando la lezione”.  La risposta della mamma sta facendo il giro del web: “Ho sgridato Adriano per il suo comportamento. La nota positiva è che i rutti erano piccoli perché a casa li fa grandi…”.   Adriano  si porta dietro un  ritardo cognitivo grave perché all’età di un mese un attacco di bronchiolite, un’infezione virale acuta, e la conseguente mancanza di ossigeno gli hanno causato una lesione cerebrale che  ostacola il parlare e  lo scrivere. “Non sa neanche cosa sia una nota” -afferma – la mamma di 49 anni.  La donna spiega ad HuffPost che “Adriano reagisce così quando non è interessato a ciò che gli sta intorno. È il suo modo per comunicare che qualcosa non va… Appena ho letto la nota mi sono messa a ridere, poi però ho riflettuto. È un episodio emblematico, di quello che spesso succede a scuola con ragazzi come Adriano. Nelle aule servono persone specializzate, capaci di andare incontro ai bisogni specifici degli studenti con disabilità più o meno gravi… Più si va avanti e più è difficile gestire questi ragazzi quando diventano adolescenti. E intanto si perde tempo prezioso. Se non vengono seguiti fin da piccoli poi peseranno ancora di più sul sistema sociale”.

Il nostro commento:  la vicenda legata ad Adriano  ripropone alle istituzioni  scolastiche ma anche alle comunità educanti,   il quesito legato alla professionalità  del docente di sostegno , che definirlo ancora tale  è descrizione  inadatta, inadeguata  di fronte alle  moderne conoscenze fornite dalla scienza, dalla tecnologia e dalle esperienze acquisite sul campo. La figura del docente di sostegno, poliedrica e contradditoria,   ha avuto nel passato un ruolo significativo nei processi di inserimento e di  integrazione del soggetto con deficit  sensoriale e non,  contribuendo  nella sua piena inclusione. Nel corso degli anni  si è passati dalla preparazione attinta  dalle esperienze dei Corsi attivati dalle  Associazioni operanti nel delicato campo della disabilità dei bambini, degli adolescenti ( Aias…) , debitamente valutati e accreditati dal Ministero della PI a svolgere Corsi di Specializzazione prima Monovalenti e poi  Polivalenti ,  per transitare successivamente ai Corsi promossi dagli ex Provveditorati agli Studi per  approdare, infine,  alle Scuole di Specializzazioni delle varie  Università.  La storia evidenzia come   il percorso verso la  Specializzazione sia stato sovente attivato da esigenze di carattere occupazionale.  Il  percorso alla  Specializzazione era ritenuto, per gli abilitati all’insegnamento,    un canale privilegiato per  tagliare anticipatamente  il nastro dell’ambito ruolo di docente.   Una tappa fondamentale, insomma,  un sacrificio a cui sottoporsi  prima di conquistare la docenza  nell’ambito disciplinare. Sono moltissimi, oggi, i docenti che si portano dietro la lunga esperienza di insegnanti di sostegno, che conservano una loro specificità, una propria identità che si contraddistingue dal docente cosiddetto curriculare,  deprivato di conoscenze specifiche possedute dal docente di sostegno o di integrazione come soleva descriversi  agli albori.

Il docente di sostegno,  al pari del docente  curriculare, oggi  assume sempre di più la funzione di ricercatore didattico e formativo,  agente facilitatore dell’apprendimento,  un professionista vocato alla comunicazione  motivazionale, alla capacità di selezionare e coordinare il vasto e complesso mondo del  sapere scientifico, ricorrendo  all’uso dei prodotti multimediali e quindi  all’uso intelligente delle  nuove tecnologie.

Le riflessioni   che si effettuano  sulla figura del docente di sostegno sono diversificate.  I  più ritengono che la figura classica del docente di sostegno vada ad esaurirsi ,avendo perso gran parte delle sue originarie funzioni; altri ritengono che sia superata e che le conoscenze didattiche per “insegnare” al soggetto  disabile debbano essere possedute da tutti i docenti. Altri, per fortuna  facenti parti di una esigua minoranza,  invocano il ritorno  alle  scuole differenziate, speciali  riservate ai soli ragazzi disabili, ritenute più efficaci  sul piano dell’apprendimento. Errori o orrori da non ripetere anche se è onesto riconoscere il ruolo propulsivo che hanno svolto sul piano dell’integrazione dei diversamente abile nella società e nell’ambito delle attività produttive.

Oggi la scuola non necessita di una sola  figura del docente di sostegno,  ma  piuttosto di un’intera  classe di docenti polivalenti,  specializzata sulle diversità, sulla ricchezza culturale e umana  che la competente  comunità propone al mondo della scuola. Il docente ricercatore configura una professionalità nuova, in cui all’esperienza didattica e formativa acquisita all’interno dei percorsi universitari, anch’essi da integrare e aggiornare alle moderne ricerche scientifiche e tecnologica, si affianchi l’esperienza di ricerca  sperimentata in classe, all’interno del gruppo inteso come organismo vivente, palpitante, ricco di stimoli e innovative  conoscenze anche per lo stesso docente.  Una figura professionale che conosce il  mestiere del docente, abbandona  costantemente   la vecchia terminologia  “insegnante”   per  fa posto ad una nuova terminologia  che si coniughi con il nobile esercizio del ricercatore  nel campo umano,  un campo che richiede sempre di più professionisti  preparati, all’altezza del compito,  soprattutto all’interno della seconda agenzia educativa e formativa: la scuola.