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Oggi 15 settembre “Giornata internazionale della Democrazia”

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Si celebra, oggi  venerdì 15 settembre,  la Giornata internazionale della Democrazia, proclamata ufficialmente l’8 novembre 2007 per iniziativa dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La ricorrenza   rammenta  il legame inscindibile che intercorre tra la democrazia e la realizzazione dei diritti dell’uomo. Lo  scopo è quello  di incoraggiare i Governi a rafforzare i programmi nazionali dedicati alla promozione e al consolidamento della democrazia. Anche quest’anno la comunità  globale risulta   impegnata a fronteggiare problemi   che interessano l’armonia dei popoli, ieri la Pandemia da Covid 19, oggi il conflitto in Ucraina alla quale crisi si aggiunge il dramma dell’approvvigionamento energetico, dell’inflazione e della  crescita della povertà.   Di fronte a questa realtà sociale ed economica,  la domanda  che viene posta dai più è la seguente:  


  quale futuro ha la stessa democrazia?

Dietro questa parola, densa di significato umano e sociale, sovente abusata dagli attori, si nasconde l’essenza del vivere in armonia in una comunità, in un Paese civile.

Cosa sia la democrazia oppure che cosa dovrebbe essere è un compito alquanto arduo in un’era in cui gli ideali si sono affievoliti di fronte alle “rinunce forzate” delle libertà individuali e collettive, di fronte alle restrizioni imposte e accettate dalla collettività.

Ma cos’è la democrazia, quale significato si attribuisce a questa parola su cui si sono, in passato scritti libroni, tenuti corsi e lezioni di ogni genere?  La  democrazia è un processo e un obiettivo: la democrazia non è un dato di fatto e non è uno status, ma un processo dinamico. Rimarrà in vita solo se lavoreremo tutti insieme per il suo continuo sviluppo.

Definire la parola “democrazia” è importante per stabilire, quindi,  che cosa si pretende e si aspetta da essa. Così come è altrettanto rilevante comprendere la definizione “etimologica”, ricavata dall’analisi del nome.

 L’esperienza di questi anni insegna come sia difficile tutelare questo prezioso e insostituibile bene chiamato “ democrazia liberale”.

E’ necessario e importante agire, non stare ad osservare dalla finestra gli accadimenti, ma partecipare  per prevenire e contrastare eventuali derive autoritarie provocate dalle crisi in corso,  contrastando i percorsi di   disinformazione,  contrastando  le crescenti disuguaglianze, aggravate dai conflitti e dalle speculazioni dei mercati globali. LA DEMOCRAZIA SI DIFENDE DAL BASSO  E COME QUALSIASI VALORE CHE SI RISPETTI  MERITA DI ESSERE ALIMENTATO E TUTELATO IN MODO CONTINUO E COSTANTE. Essa rappresenta  un sistema di governo in cui i rappresentanti vengono votati in carica dalla gente di un paese, cioè i cittadini. Nelle vere democrazie, quelle liberali,  i cittadini possono assumere un ruolo attivo nel loro governo e chiederne conto votandoli fuori. E’  legata, come già detto,  ai diritti umani e mira a garantire che tutti in una società siano rappresentati. Indipendentemente dal colore della pelle, dal sesso, dall’orientamento sessuale, dalla religione, dalle capacità o da un’ampia gamma di altre cose, la democrazia dovrebbe garantire che i governi proteggano il proprio popolo. L’odierna Giornata è un’opportunità per valutare questioni come i diritti umani, l’uguaglianza e la risoluzione dei conflitti in tutto il mondo. È un’occasione per riflettere sulle nostre libertà e  sul valore della partecipazione attiva e dinamica alla vita delle istituzioni democratiche, iniziando  proprio dalle piccole comunità locali.

Il significato

Il termine democrazia compare per la prima volta in Erodoto e  traducendo letteralmente dal greco, significa  potere (kratos) del popolo (demos). L’esperienza delle democrazie antiche fu relativamente breve ed ebbe un decorso degenerativo. “Democrazia” è parola greca. Il secondo elemento di essa significa “potere” o “governo”, per cui autocrazia  è il governo di uno solo; aristocrazia, governo degli aristoi, dei migliori, l’èlite; democrazia , doverno del demos, del popolo. Demos era una parola proteiforme con parecchi significati, tra cui ” il popolo del suo insieme” ( o, per essere più precisi, l’insieme dei cittadini) e ” il popolo comune” ( le classi inferiori); sovente le antiche controversie teoretiche giocavano proprio su questa ambiguità di fondo.  Furono i Greci che scoprirono non solo la democrazia ma anche la politica stessa che è l’arte di conseguire decisioni mediante la discussione pubblica e poi di obbedire a quelle decisioni in quanto condizione necessaria di una convivenza civile. Furono i greci i primi a riflettere sulla politica, a osservare, descrivere, commentare e infine formulare dottrine politiche.  La  democrazia dei moderni, la democrazia che pratichiamo oggi, non è comunque, quella degli antichi. Oggi ‘democrazia’ è una abbreviazione che sta per liberal-democrazia. E mentre il discorso sulla democrazia degli antichi è relativamente semplice, il discorso sulla democrazia dei moderni è complesso. La democrazia dei moderni è rappresentativa e presuppone, come sua condizione necessaria, lo Stato liberal-costituzionale, la controllabilità del potere. L’ altro strumento di attuazione della democrazia sono o dovrebbero essere  i  i partiti. Già nel 1920 Kelsen asseriva senza mezzi termini: “Solo l’illusione o l’ipocrisia può credere che la democrazia sia possibile senza partiti politici”.  La tipologia storica dei partiti distingue tra partito dei notabili, partito di opinione, e partito di massa; o anche, correlativamente, tra partiti a orientamento legislativo (largamente quiescenti tra un’elezione e l’altra) e partiti a orientamento elettorale e, tra questi ultimi, tra partiti di mera organizzazione elettorale ovvero partiti capaci di mobilitazione permanente. Oggi non pochi sono coloro che asseriscono che la democrazia possa fare a meno dei partiti.

Quando si afferma  che la democrazia non si può  realizzare  senza l’intermediazione dei partiti si fa riferimento al sistema partitico come sistema di aggregazione e canalizzazione del voto.  Gli elettori, in assenza dei partiti,  si esprimerebbero a vuoto e creerebbero il vuoto – il caos di una miriade di frammenti – se mancasse il quadro di riferimento e di alternative proposto dai partiti. Difatti ogni volta che una dittatura cade e che si ricomincia a votare, rispuntano i gruppuscoli che si propongono al voto. I superstiti, i votati, diventano partiti. È un processo del tutto spontaneo che di per sé attesta l’inevitabilità dei partiti. Le  democrazie possono essere distinte anche  in due tipi – maggioritaria e consociativa .  Nelle  società eccessivamente  conflittuali occorre la ‘democrazia consociativa’, e cioè una gestione della cosa pubblica fondata su ‘minoranze concorrenti’ (la formula di Calhoun) che ripudiano il principio maggioritario. La teoria di Lijphart convince in parte, e in parte no.  Ritornando al discorso dei partiti, abbiamo visto come essi   siano necessari  per un Paese. Ma qual è la democraticità di questo assetto? Rousseau sosteneva che chi delega il proprio potere lo perde. Vero? Se tale delega fosse permanente, se fosse una translatio imperii, allora sarebbe vero. Ma è una delega a scadenza e rinnovo periodico, una concessio temporanea, e per di più una delega a titolo rappresentativo: il rappresentante è tenuto ad agire nell’interesse dei rappresentati nell’ambito di strutture e procedure che lo vincolano a questo intento. Ma come si fa a comprendere  quando   l’interesse servito dal rappresentante sia davvero quello dei rappresentati (e non l’interesse proprio)? Lo si può fare solo in termini di larghissima approssimazione.  Negli ultimi cinquant’anni, come si può constatare, per democrazia si è spacciato di tutto o quasi tutto,  e ancora oggi possiamo osservare che la parola democrazia viene abusata e per certi aspetti violentata. Il che non  giova né alla chiarezza delle idee, né alla causa della democrazia.  Al di là delle teorie avanzate nella storia, ognuna di essa , possiamo dire, che sarebbe  tenuta a stabilire che cosa democrazia non è (qual è il confine o criterio che divide la democrazia dai suoi opposti, e ancor più dal suo negativo), per poi passare a misurare quanto una democrazia sia più o meno democratica di un’altra (in funzione delle caratteristiche dichiarate atte ad accertarlo), ovvero se elementi (caratteristiche) di democraticità sussistano in una qualche misura in qualsiasi sistema politico. Alla luce di quanto stiamo assistendo possiamo affermare che  nei paesi occidentali  si rischia di avere più democrazia e meno libertà. Sembra contraddittorio ma il trionfo delle lobby,  dei gruppi di interesse organizzati, il potere eccessivo assegnato al denaro impegnato nelle campagne elettorali, alla tecnologia, ai mezzi di comunicazione di massa concentrate in pochi, la sfiducia dilagante nelle istituzioni, tutto questo spiana la strada a nuove e più evolute forme di democrazie  non liberali, purtroppo, ma illiberali dove le libertà vengono schiacciate a scapito della partecipazione e del coinvolgimento di tutti. Oggi,  notiamo come  si  affronti l’argomento su due  due diversi modelli di democrazia: presidenziale e parlamentare. La prima prevede l’elezione diretta, oltre che dell’organo legislativo, anche del capo dello Stato, che ha poteri esecutivi (è questo il caso degli Stati Uniti); mentre nella democrazia parlamentare il capo dello Stato è una figura super partes, garante dell’osservanza della costituzione, e sono molto stretti i rapporti tra esecutivo e legislativo: il governo (potere esecutivo) è infatti vincolato al Parlamento (potere legislativo) da un rapporto di fiducia. Il tempo fornirà risposte istituzionali diverse. Vedremo quale sarà la strada che i futuri governanti forniranno a queste domande per garantire, tutelare e difendere  i principali  diritti dell’uomo, i diritti civili e politici,
 il diritto alla vita, il diritto di riunione e il diritto alla libertà di religione, i diritti economici, sociali e culturali,
 il diritto al lavoro, all’istruzione e alla sicurezza sociale, i diritti della «terza generazione»,  il diritto allo sviluppo e a un ambiente sano e pulito. Nonchè a potersi esprimere su una classe politica credibile,  combattendo la Credibility gap che genera l’allontanamento delle urne, sfiducia verso la democrazia.