Francesco Garofalo, giornalista-sociologo, analizza le conseguenze sociali, i difetti e le virtù della cosiddetta “intelligenza artificiale” alla luce degli ultimi sviluppi che stanno caratterizzando questo delicato argomento. Garofalo sostiene che parlare di “intelligenza artificiale” sia profondamente errato, in quanto manca il materiale che compone l’intelletto, la ragione e il pensiero. Una macchina non sarà mai in grado di prevedere ciò che potrebbe accadere. Tuttavia, il lavoro prodotto rappresenta il tentativo di ricreare la mente umana, utilizzando scienze come l’ingegneria, la biologia, la fisica e la comunicazione per realizzare software e robot sempre più vicini al prodotto cognitivo umano, ma sempre basati su dati che vengono utilizzati dalla tecnologia.
Garofalo sostiene che, finora, la macchina non è stata in grado di sviluppare ragionamenti e, sebbene sia in grado di elaborare istantaneamente una vasta quantità di informazioni, ciò che produce sono riflessioni, testi e conversazioni di varie discipline. Tuttavia, la macchina non può mai essere paragonata al materiale cognitivo del pensiero umano, che rimarrà una prerogativa dell’uomo. La razionalità e la capacità di prendere decisioni basate sulla logica e sulla ragione, invece che sull’impulso emotivo, saranno sempre prerogative umane, in quanto l’uomo non è dotato di istinti e deve apprendere per diventare autosufficiente nel tempo. In questo processo socializzante, il gruppo, la società completano il suo sviluppo fornendo conoscenze che non possiede alla nascita. L’uomo, attraverso questi processi relazionali, costruisce la propria identità e umanità. In sintesi, l’uomo ha bisogno di processi socializzanti per trasformarsi da soggetto inerme e debole, in un soggetto consapevole in grado di incamerare valori, culture e saperi che potrà trasmettere ad altri attraverso l’educazione e la formazione. La macchina, al contrario, non può essere sottoposta a questi processi, e rimane ancorata a dati incamerati o esplorati, privi di sensibilità, emozioni e ragione.
Garofalo afferma che la storia insegna come le moderne e avanzate macchine introdotte nel mondo produttivo siano state sempre considerate avversarie del sapere e del fare consolidato, una minaccia allo status quo. Tuttavia, demonizzare, condannare e tenere a debita distanza ciò che invece potrebbe diventare una risorsa, purché saputa gestire con umana intelligenza, sarà necessario per migliorare il mondo delle conoscenze e dei saperi.
Il professore sostiene che l’intelligenza artificiale è stata addestrata a comprendere e generare linguaggio umano attraverso l’analisi di una miriade di parole e frasi, padronanza di tutte le enciclopedie cartacee e virtuali, dei testi già prodotti nel passato dall’umanità in differenti lingue, e può scambiare battute in una modalità molto più naturale. Garofalo afferma che le agenzie educative, la famiglia e la scuola hanno una missione importante da compiere per non demonizzare uno strumento di lavoro che può essere molto utile in un percorso pedagogico e formativo.
Garofalo sostiene che quando un qualsiasi software assume decisioni errate o fornisce dati e informazioni non attendibili, non bisogna criminalizzare la macchina, ma bisogna infine colpevolizzare i dati che essa utilizza e le fonti di informazioni alle quali fa riferimento. Il professore afferma che, come qualsiasi innovazione con la quale siamo chiamati a fare i conti, sarà necessario innanzitutto una presa di coscienza, una seria consapevolezza sull’uso che si vuol fare dello strumento tecnologico disponibile, per sapere riconoscere e individuare la menzogna con la verità, l’attendibilità dall’inganno.
Garofalo sostiene che l’uomo è sempre collocato prima della macchina, del programma, anzi è Lui il programmatore e quindi il soggetto chiamato a dominare gli eventi, a coordinarli e selezionarli. Il rischio reale è che di fronte a un’intelligenza artificiale l’uomo sprofondi in una pigrizia distruttiva, nel senso che perde interesse verso il sapere costruito. L’intelligenza artificiale essendo una macchina genera soltanto testo, elaborando ciò che ha assorbito da altri testi. Tuttavia, Garofalo afferma che l’intelligenza artificiale potrebbe offrire un significato di approfondimento nel vasto e complesso mondo dei saperi.
Garofalo afferma che il mondo cambia e non bisogna avere timore dei risultati che esso offre. La paura di avere a che fare con un sistema definito ” intelligente” dell’uomo non può bloccare il progresso. Non bisogna avere timore di una macchina che non ragiona, anche se questa è definita in modo improprio “intelligenza artificiale”. Non sarà mai in grado di produrre emozioni ne tantomeno di pensare, perché la ragione appartiene e apparterrà sempre all’uomo.
Come docente, il professor Garofalo riconosce che l’abilità dell’intelligenza artificiale nel formulare tesi costituisce una sfida oggettiva nella valutazione del lavoro dei propri studenti. Tuttavia, l’importanza degli strumenti forniti dall’IA nel complesso e l’ampio mondo della conoscenza non può essere sminuita. Già nel suo articolo del 2004, Garofalo aveva previsto che le tecnologie del futuro avrebbero profondamente rivoluzionato sia l’ambiente educativo che la professione docente. L’emergere di nuovi modelli di apprendimento basati sugli strumenti tecnologici, così come l’importanza sempre crescente di tali strumenti, stanno già provocando una trasformazione nella trasmissione e la condivisione della conoscenza. Infine, il professor Garofalo si dichiara particolarmente affascinato dal potenziale offerto dalla tecnologia di “transfer” che consente di costruire immagini e parole. Tuttavia sostiene le nuove tecnologie aprono orizzonti per nuove professioni, mettendo in discussione alcune precedenti. E’ un fatto che sarà sempre così. Tuttavia, ciò che conta è avere il coraggio di affrontare questi nuovi cambiamenti con intelligenza umana, preservando sempre la dignità propria e di tutti gli altri.