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Il Ruolo degli Adulti nel Comprendere e Supportare i Giovani di Francesco Garofalo

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Superare i Preconcetti e l’Ageismo per Creare una Società Inclusiva


Durante le manifestazioni che vengono riprese dai media, specialmente nei cortei di questi ultimi giorni, si costruiscono slogan che fanno riflettere sul significato dell’essere giovani. Di recente, si leggono o si sentono pronunciare frasi e opinioni offensive che nulla hanno a che fare con la causa delle manifestazioni stesse. Una cosa non dobbiamo mai dimenticare, comunque, è che sono ragazzi e hanno bisogno di essere compresi. Il guaio di quando si hanno vent’anni è che si dicono un sacco di sciocchezze nella più totale inconsapevolezza. Così si diceva una volta, e si spiega anche il perché. Il rapporto tra adulti e ragazzi è un tema scottante e di cui si fa un gran parlare negli ultimi anni, specialmente in questa società contemporanea attraversata da problemi di grande conflittualità.

Alcuni dei disagi che i giovani esprimono sono una modalità non adattiva attraverso la quale cercano disperatamente di essere visti e considerati: meno vengono riconosciuti, più il problema si rinforza. Per non perdersi, hanno bisogno di poter contare su qualcuno, e per questa ragione si deve andare oltre i comportamenti superficiali o oppositivi, oltre il «non ho niente, sto bene» e guardarli davvero, comprendendo i loro bisogni e le loro istanze.

Mettersi nei loro panni può aiutarci a comprendere il senso profondo delle loro azioni; leggere nei loro pensieri può consentirci di anticiparli, tendendo loro una mano quando serve. In fondo, i giovani hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a navigare senza perdersi, né dentro se stessi né dentro il mondo complesso che li circonda. Hanno bisogno degli adulti che li aiutino a capire che ce la possono fare. E che crescere non fa poi così paura. Quando si dice che “i giovani salveranno i giovani“, si afferma, comunque, una vera sciocchezza, poiché la società è costituita da persone di diverse età anagrafiche, con diverse esperienze, modi di pensare e di agire. Hanno meccanismi mentali che sono stati costruiti con la vita consumata sul lavoro, sugli impegni quotidiani, ascoltando e praticando la vita reale. Chi pratica l’ageismo colpisce spesso sia i giovani che gli anziani. L’ageismo si esprime anche guardando e classificando la società solamente in base alle esigenze dei giovani o degli anziani, senza cercare i modi migliori per includere tutti, indipendentemente dall’età.

È vero che i giovani spesso si sentono soli e incompresi, immersi in un mare di paure, incertezze e aspettative. Noi, come adulti, abbiamo il compito di essere fari nella loro navigazione, guidandoli con pazienza e affetto. Non possiamo risolvere tutti i loro problemi, ma possiamo offrire un ascolto attento e un sostegno sincero. Dobbiamo ricordare che, nonostante le loro parole a volte ci sembrino senza senso e i comportamenti sembrano “folli” dietro ogni frase c’è un cuore che batte e una mente in crescita. Con empatia e dedizione, possiamo fare la differenza nella loro vita, aiutandoli a scoprire la loro strada e a diventare adulti sicuri e realizzati. Sempre che i giovani siano educati e predisposti a sentire le ragioni degli altri, si pongano in uno stato di ascolto attivo, senza pregiudizi o, peggio ancora, praticando l’ageismo, la discriminazione dovuta all’età anagrafica. Il rispetto delle diverse età rientra in un valore che la comunità dovrebbe praticare, specialmente in una società in cui la longevità aumenta e con essa crescono i bisogni, che non sono inferiori a quelli dei giovani o viceversa.

Nelle società moderne, sovente si è portato ad esaltare la giovinezza e purtroppo disprezzare la vecchiaia, vista come fase della vita in cui prevale l’incapacità e l’inefficienza, errando perchè oggi si parla di longevità e meno di vecchia. Butler nota che la società giovanilistica e i media trattano gli anziani con disprezzo, riducendoli a caricature negative. Ma da dove nasce l’ageismo? Esso si sviluppa su due fattori principali. Da un lato, c’è una paura emotiva della propria mortalità che porta a ostilità verso la vecchiaia. Dall’altro, i progressi medici hanno reso molte malattie croniche, portando a un aumento delle persone anziane con più patologie, che richiedono molte risorse e assistenza, diventando un peso per la società. A tutto questo si aggiunge il triste fenomeno sugli abusi che è in crescita sia tra le mura domestiche, sia nelle strutture destinate alla loro assistenza ed accoglienza. Abusi che come sappiamo possono essere di natura fisica e psicologica: vanno prevenuti e contrastati in tutti i modi possibili, per garantire alle persone anziane il rispetto della loro dignità.

La difficoltà di accettare la vecchiaia si riflette in pratiche sociali e lavorative. Ad esempio, è difficile trovare lavoro dopo i 45 anni e sovente si usano espressioni come “rottamare gli anziani”. Inoltre, come dimostrano le statistiche un anziano su sei subisce abusi di vario tipo e questo dovrebbe indurre tutti a riflettere, senza distinzione di età. L’OMS considera l’ageismo la forma di discriminazione più comune e accettata. Tuttavia, il dibattito pubblico su questo tema è scarso e se ne parla solo in occasioni specifiche. ( Francesco Garofalo)