La nota critica di Eugenio Maria Gallo sul volume Pittura mon amour, edito da EdiBios, è un viaggio tra emozioni, colori e visioni che parlano al cuore attraverso l’arte
Quando Gianfranca Cosenza mi ha chiesto di scrivere una nota sui suoi lavori raccolti in “Pittura mon amour” (Edizioni EdiBios di Irene Olivieri, Cosenza 2024), mi sono subito domandato perché me l’avesse chiesta. Non sono, infatti, un critico di pittura e neppure un intenditore. Io, abitualmente, mi interesso un pò di critica letteraria e storica e non ritengo di avere competenze in merito alla pittura. Ho pensato, allora, che a Gianfranca potesse interessare il parere di un semplice osservatore estraneo al mondo dell’arte pittorica, forse per cogliere il senso di quel che i

suoi quadri possano suscitare sui non addetti ai lavori. Tuttavia, a prescindere dalla motivazione, che l’ha indotta ad affidarmi questo compito, le sono grato perché mi ha offerto l’opportunità d’un viaggio fra i suoi lavori, un viaggio senz’altro molto gratificante. Sì, perché nella sua pittura ho trovato un’anima poetica di elevata sensibiltà e di grande fascino, un’anima che ha fortemente sollecitato la mia capacità di contemplare. E così’ ho cominciato a fissare e ad esporre le mie impressioni di comune osservatore su “Pittura mon amour”, la raccolta dei suoi dipinti riprodotti e proposti in questo volume. Per lei, dipingere è stato ed è il delinearsi della voce d’una anima in una forma, è stato ed è il dediderio di dar vita a un sogno e a un amore; per me, il viaggio nella sua pittura è stato ed è un’opportunità per immergermi, attraverso la contemplazione, nella gioia rasserenante del piacere estetico. Questa gioia io l’ho vissuta, fino in fondo, nel leggere e nel contemplare i suoi dipinti e, nel contemplarli, mi sono rapportato alle parole del Goethe morente: “Licht, mehr licht!”, cioé “Luce, più luce!”. “E luce – come ho già scritto nella nota critica – esprimono i dipinti di Gianfranca Cosenza, una luce che non è quella del crepuscolo, ma è luce piena che si dipana dal cuore della pittrice e illumina e scalda l’anima di quanti si accostano alla sua opera per fruirne e per sentirne il profumo, contemplandola. E’ luce che dà senso al contemplare dell’uomo, la sua pittura, una luce che, con la propria armonia di colori, di linee e di forme, placa l’inquietudine dell’anima umana e rasserena“ (1). Così, la sua pittura si fa anche “poesia” e “armonia”, “poesia” per le immagini e per la suggestione che esse producono, “armonia” per i suoi colori e per le sue linee. La pittura di Gianfranca Cosenza è “poesia” e “armonia” perché, quasi fosse “musica”, riesce ad esprimere, come direbbe il filosofo Arthur Schopenhauer, “in un linguaggio altamente universale, … l’intima essenza, l’in sé del mondo” (2). I quadri di Gianfranca Cosenza, allora, nell’equilibrio armonico del bello, esprimono la poesia della luce e l’essenza dell’armonia in un’eco dell’anima che si genera per fascinazione. Molti sono i temi della sua pittura, fra questi uno dei più importanti è il mare, una voce quasi costante da cui si dipanano emozioni e sentimenti, cuore ed anima. “Nella sua pittura, alcuni dipinti assumono il ruolo di elementi portanti o “voci spie” (3). Ad esempio “i quadri Stromboli 1 e Stromboli 2 (acquerelli e china su carta, 2003). Il primo coglie ed esprime quasi l’emergere della terra dal mare, un mare d’un azzurro intenso che si unisce ad un cielo celeste, i cui tocchi chiari sembrano riflettere la luce del sole” (4). E, con la terra, dall’acqua sembra emergere la vita, mentre l’isola, col suo lieve pennacchio di fumo, ha in sé il senso stesso dello svolgersi dell’esser- ci in quanto esistere” (5). L’acqua, i colori, le onde, il gioco luci- ombre riescono a porre la realtà dell’isola, fuori dal tempo e dallo spazio, in una plaga al di sopra dell’effimero mondo della quotidianità, quasi nella sublime dimensione dell’universale e dell’eterno. “In fondo, Stromboli svetta fra mare e cielo ed è una terra che non è acqua e non è cielo, pur nutrendosi dell’una e dell’altro” (6). E’ un’oasi sospesa “da cui sembrano dipanarsi, per suggestione, fra luci e colori, il suono dell’onda e l’eco del vento, in un respiro di dolce armonia. L’isola, allora, si fa paradigma di una dimensione di pace in cui prendono corpo e vita gli stati d’animo e le emozioni della pittrice” (7). Quanta serenità in questa oasi sospesa, come la sua anima, tra terra e cielo, quel “tra” che è la dimensione di heideggeriana memoria. Stromboli 2, poi, offre allo sguardo l’isola che, immersa nel verde, sembra specchiarsi nell’acqua del mare. E in un dolce gioco di colori, fra le immagini, lo sguardo di chi contempla incontra lo stato d’animo della pittrice, condividendone quel dolce senso di serenità e di armonia, che spira dalle sue linee. Altra “voce spia” è il dipinto della Scalinata con vecchia fontana (Olio su tela) 1985. La scalinata, in un bell’intreccio di colori, “sembra quasi indicare il cammino dell’essere nell’esser- ci del tempo, un tempo che, gradualmente, sembra porsi fuori dal proprio peso e dalla propria condizione, quasi fino ad uscire dalla propria “temporalità” e dalla propria “temporaneità” fino a porsi come dimensione, sintesi di serenità e di armonia, che solleva sia l’artista che il fruitore dell’opera fuori dalla loro corporeità” (8). E ancora una volta la pittura di Gianfranca Cosenza offre il senso della dimensione, del porsi tra terra e cielo, con l’anima che s’alza verso il cielo dello spirito e dell’arte, in cui si coglie il senso recondito del salire della scalinata. L’insieme di queste immagini e del gioco ombra- luce, con il suo richiamo ad antichi vicoli e ad antichi palazzi e case, sembra attuare il ricomporsi dell’essenza della città sparita. “Penso, in merito, al dipinto Cosenza Vecchia – Vicolo (Olio su tela) 1983 / 2003, con quel selciato ben delineato, fra ombre e luce, con i fiori, con la scala che si snoda fra antichi palazzi e con quei colori che sembrano dare più luminosità e nuova vita ad un mondo antico. In quel vicolo, dove il calore sembra sempre vivo, e dietro quelle finestre, che sembrano celare ancora volti e voci umane, pare quasi di avvertire, come un’eco lontana, respiro e palpiti che sanno di casa e di famiglia” (9). Altrettanto belli e poetici sono, poi, i suoi scorci panoramici ed i suoi vicoletti. “Un sospiro dell’anima, quasi un tocco in più del tempo, è il dipinto Cosenza Vecchia – Il gazebo alla Villa Vecchia (olio su tela) 2003. In esso i colori e le varie sfumature sembrano ricomporre le note di un’eco lontana, mentre il gazebo, donde si snodano i vialetti, pare svolgere suoni e respiri che sanno di voci e di sguardi ancora vivi nell’anima e sospesi, fra dolci sospiri, sul filo del tempo” (10). Altra “voce spia”, che evidenzia anche l’attenzione della pittrice per alcuni colori, in particolare il giallo, il rosso, il verde ed il blu, altra “voce spia”, dicevo, è data dai fiori, in particolare i girasoli (Girasoli 1, Olio su tela, 1989), e i papaveri e le ginestre (Papaveri e ginestre 2, Olio su tela, 2007). Ed è proprio in alcuni colori la misura che dà ad alcuni quadri la caratura di “voci spia” dell’intera sua pittura. Ed è questo intreccio di colori che dona, alle immagini dei suoi dipinti, una vis poetica suggestiva che genera sensazioni di grande serenità e di antico calore. Altrettanto toccanti ed interessanti sono, poi, i quadri in cui Gianfranca Cosenza realizza immagini di boschi in cui, quasi effetto alone, grazie ai colori e alle piante, alla luce e alle ombre, sembra di avvertire odori e voci di stagione. In merito mi piace soffermarmi sulle immagini del quadro Viale d’autunno (Acquerello e china su carta) 2019. E’ un quadro “stupendo che sprigiona sensazioni emotive d’una stagione non solo dell’anno, ma anche dell’anima” (11). E profonde voci di poesia, direi un arpeggio del respiro emotivo del cuore, vivono e si dipanano nel dipinto Faggeta silana autunnale (Olio su tela) 1999 e nel quadro Bosco d’inverno (Olio su tela) 1975. E’ poesia la pittura di Gianfranca Cosenza, poesia di segni e di luce in cui abitano ricordi, impressioni e suggestioni che sono patrimonio del sentire artistico della pittrice e della vita. Emblematico, in merito al gioco dei colori e al loro senso recondito, è poi “il quadro Mediterraneo (Olio su tela) 2002, in cui il colore blu denso del mare e i colori, che gli fanno da corolla, e cioé rosso, verde e bianco di fiori e cinta muraria di casa e giardino, sono la perfetta sintesi della natura mediterranea” (12), in cui si compongono gli elementi fondamentali della macchia mediterranea e si svolgono i colori più belli del paesaggio del Mediterraneo, cioé il bianco, l’azzurro ed il verde. La pittura di Gianfranca Cosenza, secondo me, su chi l’osserva, crea un effetto speciale, quasi magico, che per suggestione ha la capacità di trasferire, anche chi contempla il quadro, fra i colori e i luoghi, fra le linee dell’immagine e l’intreccio ombra- luce. I quadri di Gianfranca Cosenza, siano nature morte o paesaggi e scorci panoramici, sono il dolce dispiegarsi delle voci dell’anima, che si dipanano come lontani sospiri. Quelle immagini di case e di piante verdi, con il mare sullo sfondo, il cui azzurro denso si congiunge, all’orizzonte, attraverso un tocco di bianco, all’azzurro chiaro del cielo, esprimono un senso di sospensione in cui si scioglie un respiro di serenità, che solo l’armonia dell’arte sa dare. “In alcuni quadri, come ad esempio Vicolo a Sirmione (Olio su tela) 1985- 86 ed il già citato Viale d’autunno, il palpitare dell’anima e dello sguardo della pittrice, fra i colori e le linee del dipinto, sembra diano l’impressione che la pittrice sia lì, nel quadro stesso, a dipingere dall’interno” (13).
“Ma, come già detto, l’elemento dominante della pittura di Gianfranca Cosenza, in cui risiede anche il fascino segreto della sua pittura, è il mare. Esso, talora, esprime il senso del varco di montaliana memoria e si carica d’una tensione che si apre a suggestive sensazioni di evasione verso plaghe di inusitata serenità. E’ il caso, direi, del dipinto Paesaggio marino con palme (Olio su tela) 2004, in cui la strada che scende verso il mare sembra fare proprio il senso del varco verso mete lontane. Altre volte, invece, si profila come cammino verso un porto sicuro, in cui trovare pace e serenità. Penso, fra gli altri, al quadro Lampara a Schiavonea (Olio su tela) 1983, in cui i colori” (14) esprimono un dolce senso di armonia che dà vita al ricomporsi nel cuore di emozioni e stati d’animo. E, parlando di mare, è bene sottolineare che, nei dipinti di Gianfranca Cosenza ritorna, spesso, il mare di Schiavonea, per lei, paradigma di plaga serena. “E’ l’antico Jonio il suo mare, un mare sospeso sulle onde del mito e dei miti fioriti fra acque, che profumano di tempi lontani e di grecità” (15). Il mare è la voce della sua anima e, nello stesso tempo, è l’eco dell’anima del mondo. Il mare, in particolare il mar Jonio, per quello che racchiude e per quello che suggerisce, “è la sua Musa ispiratrice, ma anche la misura della sua “poetica”, una “poetica” che fa proprio il suggerimento di Paul Cézanne: Non dobbiamo dipingere ciò che pensiamo di vedere, ma ciò che vediamo. E Gianfranca Cosenza lo fa, a volte lasciandosi guidare dalle sensazioni provate davanti al soggetto che si avvia a dipingere, a volte invece trasferendo le voci della propria anima sul soggetto da dipingere, che ha davanti a sé” (16). Gianfranca Cosenza è un’anima bella, che sa avvertire la voce che le parla nell’intimo del cuore e sa tradurla in immagini ricche di fascino e suggestione. In lei e per lei, l’io liquido dei colori trova la propria forma, una forma in cui immagini, natura, figure umane e cose sembrano assumere e vivere un’esistenza vera. “L’esistere – scriveva N. Abbagnano – è l’essere che, attraverso l’indeterminazione problematica, passa al di là di essa, alla forma della struttura” (17). E, nella pittura di Gianfranca, l’essere esce dalla propria indeterminazione per incarnare, nella forma, la realtà del proprio esistere. E’ questa la sua poetica, una poetica che si pone e si svolge nel mare e nella luce, in un ricomporsi armonico di segni, di tinte e di immagini, un ricomporsi che porta in sé un vago senso di classicità. “Io non so se per la sua pittura si debba parlare di impressionismo, di espressionismo o d’altro. Su una cosa non ho dubbi, sulla sua personalità di artista” (18), e sulla validità delle sue opere, per cui mi piace dire pollà tà deinà k’oudèn anthròpou deinòteron pèlei, cioè “molte sono le cose straordinarie, eppure nulla vi è di più straordinario dell’uomo”, uomo nel senso di creatura, di essere umano, uomo e donna. Ecco, interessanti e di valore sono i dipinti di Gianfranca Cosenza, ma più interessante è lei, perché è un’artista vera. La sua pittura, a mio giudizio, strettamente personale, di certo non ignora la lezione della pittura moderna, ma non si lascia condizionare da esempi vicini o lontani. La sua pittura resta personale ed ha nel mare una delle voci fondamentali della sua ispirazione, “in particolare quel mar Ionio, quasi culla del bello e dell’infanzia del mondo” (19), un mare che vede riflesso anche nelle altre acque e in cui pare avvertire, per fascinazione, l’eco dell’Ellade antica e la misura dell’armonia.
Eugenio Maria Gallo
NOTE
(1)Cfr. E.M.Gallo, Il fascino del mare e della luce nella pittura di Gianfranca Cosenza in G. Cosenza Pittura Mon Amour Edizioni EdiBios di Irene Olivieri, Cosenza 2024, p. 15.- (2)A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione A cura di Giuseppe Riconda U. Mursia & C. Milano 1969, libro terzo § 52 p. 307. – (3) Cfr. E.M.Gallo, Il fascino del mare e della luce nella pittura di Gianfranca Cosenza in G. Cosenza Pittura Mon Amour Edizioni EdiBios di Irene Olivieri, Cosenza 2024, p. 15. – (4) Ibidem – (5) Ibidem – (6) Ibidem – (7) Ibidem p. 16 – (8) Ibidem – (9) Ibidem – (10) Ibidem – (11) Ibidem – (12) Ibidem p. 17 – (13) Ibidem – (15) Ibidem – (16) Ibidem – (17) Cfr. N. Abbagnano a cura di Pietro Milli, La struttura dell’esistenza Utet, De Agostini libri S.r.L. Segrate (Mi) gennaio 2025, p. 67 – (18) Cfr. E.M.Gallo, Il fascino del mare e della luce nella pittura di Gianfranca Cosenza in G. Cosenza Pittura Mon Amour Edizioni EdiBios di Irene Olivieri, Cosenza 2024, p. 17. – (19) Ibidem.