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IACUCCI, VOLATA IN SOLITARIA ALLA PROVINCIA DI COSENZA

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Esclusa la candidatura di De Caprio, per Franco Iacucci, rimasto unico concorrente all’ elezione alla Presidenza della Provincia di Cosenza, sarà una vera e propria passeggiata politica, una “volata in solitaria per il candidato del centro sinistra”. Il primo cittadino di Aiello Calabro è “infatti rimasto l’unico pretendente alla carica di Presidente della Provincia, secondo quanto reso noto con verbale ufficiale dall’Ufficio Elettorale a conclusione della verifica della documentazione dei Candidati a Presidente e delle liste dei candidati al Consiglio Provinciale, tesa a verificarne l’ammissibilità. A sostegno della sua candidatura sono state riscontrate n. 323 sottoscrizioni valide.”

Antonio De Caprio, Primo Cittadino di Orsomarso e candidato a Presidente della Provincia per il centrodestra, ha visto bocciare – si legge in una nota diffusa dall’ente provincia- la propria candidatura per non aver raggiunto il numero minimo di sottoscrizioni per la sua ammissibilità, determinato in almeno n. 269. Sono state riscontrate 267 sottoscrizioni a seguito dei conteggi effettuati: dal momento che 9 sottoscrizioni sono state ritenute non valide, quelle valide sono 258. Si evidenzia, però, che anche in presenza di 267 sottoscrizioni valide e quindi indipendentemente dalle esclusioni effettuate, il candidato non avrebbe comunque raggiunto il numero minimo per l’ammissibilità della candidatura stessa.

Restano invece in pista le sette liste di Amministratori locali che andranno a comporre il nuovo Consiglio Provinciale.

Commento a cura della redazione Ecodellavalle.it

Le elezioni provinciali hanno perso il vero significato politico di una volta. Si sono svuotate di contenuti nel momento in cui l’ente provincia è stato esso stesso svuotato di contenuti, relegato in una situazione di precarietà indefinita: esiste ma non agisce, è stato reso impotente e privo di energie da spendere sul territorio. Andava definitivamente cancellato come ente intermedio, ma è rimasto nel limbo, nel guado paludoso del sistema politico istituzionale. Si è tolto al popolo la possibilità di eleggere i rappresentanti istituzionali, assegnando ai consiglieri comunali il diritto di scegliere i “governanti” della Provincia. Un’elezione. insomma di secondo grado, come avviene per il Presidente della Repubblica: a votare non sono i cittadini, ma i loro rappresentati già eletti.
Ma Governare cosa e che cosa non si comprende. La situazione sarà resa ancora più complessa oggi dopo il Referedum Ma dopo il voto sul referendum costituzionale che ha bocciato la riforma, cosa succede alle province?

Con il trionfo del NO le province non vengono formalmente abolite del tutto, ma mantengono la struttura prevista dalla legge Delrio, che nel 2014 ha ridefinito l’assetto e le loro funzioni.

In concreto, la legge istituisce le città metropolitane: originariamente 11, ma poi pure Messina, Reggio Calabria e Cagliari si sono aggiunte all’elenco .

Nel nostro Paese ci sono ora 93 “enti di area vasta” – detratte le Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione-Provincia, pure autonoma, della Val d’Aosta . Che non sono elettivi.

Questi enti, come ribadito, tra tagli di risorse e personale, sono stati resi inefficaci sul piano dei servizi, nonostante conservino competenze ragguardevolissime su scuola, strade e ambiente. E nonostante, ricordiamo,

La Costituzione vigente (Parte II, Titolo V, art. 114) affermi che :
«La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato».

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.

Oggi, purtroppo, la realtà finanziaria delle province è al limite delle risorse, e non sono più in grado di adempiere alle proprie funzioni. Diventa sempre più arduo garantire servizi efficienti, partendo dalle scuole e dalle strade. Incertezza rimane anche per il personale delle province, una parte del quale risulta essere trasferito alla Regione. A questo punto sarebbe necessario una nuova riorganizzazione anche alla luce del risultato referendario e alle istanze che provengono dal territorio onde evitare che un Ente storico come la Provincia, si abbandoni al proprio destino, non avendo il coraggio di attuare il disegno, avviato anni addietro, di abolirlo definitivamente, di sacrificarlo perché ritenuto ente inutile e spendaccione.