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I giovani non sanno scrivere. La colpa è dei docenti e della scuola?

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Anche.
Leggere e scrivere protegge la salute della mente e allontana la infermità mentale
di Francesco Garofalo (docente di Sociologia)

Grammatica, ortografia, comprensione del testo. Sono queste conoscenze che attribuiscono valore, significato e senso alla comunicazione e alle relazioni umane.
Scrivere, leggere, comprendere, interpretare non è facile se le basi della formazione non sono solide a sostenere l’impalcatura della lingua .E’ evidente che l’istruzione ha la sua importanza nel fornire gli strumenti delle conoscenze, delle competenze per saper scrivere e leggere un testo che mette in relazione gli individui, ricorrendo agli strumenti forniti dalla natura, dall’istrzuione e dalla tecnologia.
Relazioni di professionisti scritte con i “piedi”, tesi di laurea piene di errori, verbali e atti colmi di strafalcioni non sono rari incontrarli lungo il vissuto della giornata. Di fronte alla caduta della lingua italiana nei vari testi, si cerca di attribuire la responsabilità alla nuova tecnologia, ai cellulari, al modo di esprimersi attraverso i social, internet. Insomma la responsabilità sarebbe della rete come se essa fosse governata da ex terrestri e non da umani che sin dalla tenera età sono obbligati a frequentare le istituzioni scolastiche per istruirsi di fronte al mondo.
La scuola, in primo luogo, chiamata ad istruire, ad educare e formare non può dichiararsi indenne da responsabilità. Segnalare con la matita rossa sul quaderno (ancora in uso nelle scuole) un errore non è traumatico per il discente ma una pillola per correggere le lacune della lingua. Segnare sul quaderno, con la matita gli errori in rosso o in blu è un messaggio che lascia il segno sul correttore di cui la coscienza è provvista.
Credo sia giunto il momento di istituire a livello della Pubblica Istruzione e delle Università una Commissione di esperti per difendere la lingua italiana dal degrado in cui versa, inserendo nelle Università esami scritti in lettere, materie umanistiche, giurisprudenza ….
I veri avversari della lingua italiana non sono gli strumenti tecnologici che l’uomo moderno ha a sua disposizione. Tutt’altro. Essi consentono di accedere a conoscenze finora inaccessibili ai più. Chi scrive ritiene che i veri avversari della lingua italiana, dello scrivere, saper interpretare un testo, non siano i media ma tutti i soggetti che non sanno trasmettere l’amore per la lingua madre. E il primo insegnamento- credo da “somministrare” sin dalla tenera età sia quello incentrato ad affezionarsi alle regole che sovraintendono al nostro dire, al nostro saper comunicare utilizzando la comune lingua .
Il grande Umberto Eco, parlando di internet diceva . «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
Su Internet ci saranno certamente soggetti che non contribuiscono a migliorare la lingua ma è altrettanto vero che molti la onorano e la promuovono nello stile e nella comprensione. I buoni e cattivi maestri si incontrano in tutte le piattaforme della vita e nel mondo virtuale.
Ricordo a me stesso ma soprattutto a chi si annoia nel praticare l’arte dello scrivere e leggere che ricorrere giornalmente a questo esercizio fa bene alla salute, fa bene dentro e di conseguenza, fa bene anche fuori. Protegge la salute della mente e allontana la demenza. Sovente ci rilassa e ci aiuta a buttare fuori le sensazioni, le energie che possono nuocer allo spirito e nel contempo, leggere un buon libro, può consentire mettere dentro energie che possono contribuire a migliorare la nostra quotidianità e il nostro benessere.
Saper scrivere inoltre è un’arte che si affina nella palestra della cultura e della conoscenza, partendo dalla conoscenza della propria lingua.

Di Umberto Eco piace ricordare le 40 regole per parlare bene in italiano . Ricordiamole insieme:

1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi.
2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario.
3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata.
4. Esprimiti siccome ti nutri.
5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc.
6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso.
7. Stai attento a non fare… indigestione di puntini di sospensione.
8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”.
9. Non generalizzare mai.
10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton.
11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.”
12. I paragoni sono come le frasi fatte.
13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito).
14. Solo gli stronzi usano parole volgari.
15. Sii sempre più o meno specifico.
16. L’iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive.
17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale.
18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente.
19. Metti, le virgole, al posto giusto.
20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile.
21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso.
22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia.
23. C’è davvero bisogno di domande retoriche?
24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media.
25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia.
26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile.
27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi!
28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri.
29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili.
30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio.
31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo).
32. Cura puntiliosamente l’ortograffia.
33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni.
34. Non andare troppo sovente a capo.
Almeno, non quando non serve.
35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.
36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato.
37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni.
38. Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.
39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che.
40. Una frase compiuta deve avere.
Prof. Francesco Garofalo