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Giacinto Bendicenti: Tesoro Poetico della Calabria

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Rivelando la Vita e l’Opera di un Maestro della Poesia Regionale, a cura del Prof. Eugenio Maria Gallo

L’articolo che segue offre uno sguardo penetrante sulla vita e l’eredità poetica di Giacinto Bendicenti, figura di spicco della sua terra natia. Attraverso la scrupolosa analisi del Professor Eugenio Maria Gallo, viene tracciato il percorso di Bendicenti dalla sua infanzia a Serra Pedace fino alla sua eminente carriera di farmacista e poeta a Rogliano e Cosenza. La poesia di Bendicenti emerge come specchio dei suoi nobili principi e del suo coinvolgimento attivo nella vita politica locale, culminando nella tragica perdita del figlio durante la Resistenza. Attraverso una selezione accurata di versi, il lettore è condotto nell’animo profondo e nel cuore generoso di Bendicenti, un uomo che ha lasciato un’impronta indelebile non solo nella letteratura calabrese, ma anche nei cuori di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscere la sua opera.

Giacinto BENDICENTI, POETA DELLA NOSTRA TERRA.
a cura del prof. Eugenio Maria Gallo

Giacinto Bendicenti, personalità forte, nato a Serra Pedace, oggi Casali del Manco, nel 1879, si trasferisce da giovane a Rogliano per esercitarvi la professione di farmacista. E’ un uomo di forte sentire e di nobili principi, aderisce all’Oriente di Cosenza e vive attivamente la dimensione pubblica e culturale, lasciando un bel ricordo di sé e della propria poesia. Nel 1913 viene eletto nella lista democratico- radicale, al Comune di Rogliano e riveste anche l’incarico di Assessore. Nel ’39 va a vivere a Cosenza, dove lo coglie la gravissima notizia della morte del figlio Donato, giovane avvocato impegnato nella Resistenza con la “Banda del quartiere Trionfale”, trucidato dai nazisti alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. E’ un altro duro colpo, per il farmacista- poeta, dopo la morte della moglie nel 1929. Giacinto Bendicenti lascia questo mondo il 14 dicembre 1947, tre anni dopo la morte del figlio Donato. I suoi versi sono raccolti nell’opera dal titolo Peccati di gioventù, uscita nella sua prima edizione a Napoli per i tipi della Tipografia A. Giannini, e nell’opera I Canti del dolore, Tipo – Editrice Bruzia Catanzaro 1931. Non è escluso che esistano anche alcuni suoi versi ancora inediti. Nella premessa ai Peccati di gioventù, G. Bendicenti tiene a sottolineare che non pubblica le proprie poesie per qualche “pretenzione letteraria o artistica” (1), ma solo con l’intento di consegnare, ai propri figli, il “ritratto morale” e “l’esempio” del proprio “retto sentire” (2). Egli, però, va detto, è poeta, poeta vero, nei versi in dialetto casalino, piuttosto che roglianese puro, ma anche nei versi in lingua italiana, nonché nelle proprie traduzioni. Sulla prima di copertina della prima edizione dei “Peccati di gioventù”, sotto il proprio nome, tra parentesi, egli pone lo pseudonimo Bergerac. La sua seconda raccolta, invece, esce nel secondo anniversario della morte della propria moglie e contiene i versi, dedicati a lei, che egli considera “l’unico amore di donna nelle svariate sue forme, l’unico ideale” (3). Li affida ai figli, scrivendo: “Custoditeli perennemente nei vostri cuori. Essi vi fanno conoscere appieno le preclari virtù della vostra buona mamma, che, forse per la precocità con cui vi venne dalla morte strappata, non poteste pienamente e profondamente apprezzare” (4). E, prima di concludere la propria nota, vuole sottolineare ancora: “Io li ho dati alle stampe (…) solo per voi, dilettissimi, perchè mai vanità letteraria mi ha nella vita allettato” (5). Una poesia della prima raccolta, in cui emerge a tutto tondo la personalità del Bendicenti, è quella dal titolo “A menzacanna”. In essa, egli indica all’uomo la misura, quella misura che l’uomo del suo tempo pare avere perduto. “A menzacanna” era la misura dei nonni, dice il poeta, una misura che l’uomo non ha più, non solo per misurare le cose, ma anche se stesso: “Nanni, chi misuravati ugne cosa, / Nanni, ch’erati a tuttu misurati, / L’uomini sunu troppu cammiati; / Mancu de posa. / Mancu de posa sempre allu parrare / Mancu de posa spissu allu spennire / Mancu de posa ppe nun se vulire / Cchiù misurare” (6). E quest’uomo, descritto dal poeta, è un uomo che non ha più principi, è volubile e pronto a tradire, se gli può tornare utile. In questi versi, il poeta Bendicenti appare e si manifesta come un tutt’uno con l’uomo Bendicenti, un uomo- poeta che è ricco di dignità, di nobili ideali e di forte e virtuosa personalità. Si deve a questo, forse, lo pseudonimo di Bergerac. Il Bendicenti è anche un fine osservatore e coglie ed esprime, nei propri versi, anche persone ed aspetti particolari della piazza. Una persona particolare è proposta nei versi dal titolo “A malalingua”. In essa, il pettegolo- calunniatore è descritto come una lama sottile, che penetra a fondo e colpisce tutti: “Nun c’eni amicu, nun c’è vicinu, / Nun c’è parente strittu o luntanu, / Ch’un è trattatu ppe malandrinu / O ppe baggianu. / Tiziu è ‘nnu puorcu; Caiu birbante; / Mastru Simproniu è ‘nnu sporcatu; / Meviu, malignu, latru, gnurante, / ‘Nu sceleratu. / ‘A tale fimmina? – E’ ‘nna ziloja – / Chilla quatrara? – ‘Nna gran civetta! – / De ‘nna signura, sienti: – E’ ‘nna troja! – / Nullu rispetta / … E’ ‘nnu rasulu buon’affilatu / ‘A malalingua, ppe ferziare, / Chine cce ‘ncappa vene sprisatu, / ‘Nné po’ scappare” (7). E della piazza egli sa cogliere e dipingere anche la pittoresca figura d’“U jettature”: “Ca passa!!!” / Eni lu gridu, / Lu gridu spanticatu, / Ch’u primu chi l’ha vistu adi jettatu; / Ed iu, chi nun ce cridu, / Viju lu fuji- fuji scustumatu, / Me fazzu li scongiuri e minne ridu. / Ma eccu ‘nnu trainu, / Carricu de jermanu, / Se trovad’a passare chianu chianu…; / Nun c’è mancu vicinu / Chi se spacela cumu ‘nnu vignanu” (8). Belli anche i versi in lingua, come quelli del sonetto dal titolo “Alla mia tessitrice”, che iniziano testualmente così: “Bella che tessi da mattina a sera, / Senza stancar le dita affusolate, / Sospendi un po’; sorride primavera, / Le rose al tuo balcon sono sbocciate” (9). Una delle sue poesie più note è la satira politica, pungente, forte, graffiante e ricca di vivacità, dedicata all’On.le Luigi Fera: “Luì, perduna si ‘stu vade- mecum / Chi nullu ha mai sperciatu de stampare, / Ncunu lu piglia ppe ‘nnu vade- tecum / Ca sù permissu ti lu dedicare. / La diedica è la tua, lu cuntenutu / Ppe chine l’abbisogna haju scrivutu” (10). Seguono, quindi, le regole per risultare deputato, le regole per fare buona figura e qualche suggerimento per come intervenire in aula. Belli sono, poi, i versi d’amore per la moglie, versi pieni di armonia, espressione di pace, di equilibrio e di ricchezza interiore: “Soave donna m’hai legato il core / Coi fili della tua chioma corvina / E lo fai spasimar di puro amore. / Oh, potessi gustar questa divina, / Celeste pace, senza mai dolore, / E … sfiorar tutt’e due la novantina!” (11). E, purtroppo, ciò non gli verrà concesso. Molto tristi e profondamente toccanti sono i versi in cui egli esprime fino in fondo la propria sofferenza, per lei, venuta a mancare prematuramente: “Su’ ritornati tutti alla tua casa: / Fifì, Natinu, Eva ed Angiulina. / Chi leje, chine nesce, chine trasa, / E la casa sa state para china… / Iu chianciu sempre e nun ne pozzu cchiù: / Quannu ritorni tu?… / Vieni, bellizza mia; sbrigate…; trasa…; / Jacintu murirà ccu chilla spina… / Lu miedicu…, lu miedicu… si tu. / E tu nun veni cchiù” (12). In questi versi, insieme con il profondo amore per la consorte, si colgono anche la sua grande dignità umana e la sua grandezza poetica. Ecco, è questa la figura di Giacinto Bendicenti uomo e poeta, una grande personalità. Chi, fra i lettori, avesse vaghezza di saperne di più potrà partecipare alla conversazione sulla sua poesia, organizzata dall’Associazione “I Tridici Canali” in collaborazione con la “Fondazione A. E. Giuliani, che si terrà a Cosenza, presso Villa Rendano, giorno 22 aprile p.v., alle ore 16,30.
Eugenio Maria Gallo

Note

  1. Cfr. G. Bendicenti (Bergerac): Peccati di Gioventu’ – Edizioni Brenner s.d., p. 11
  2. Ibidem p. 12
  3. Cfr. G. Bendicenti, I Canti del dolore, Tipo- Editrice Bruzia Catanzaro 1931.
  4. Ibidem.
  5. Ibidem.
  6. Cfr. G. Bendicenti, Peccati di gioventù, Tipografia A. Giannini, Napoli 1926 I Edizione pp. 14- 17.
  7. Ibidem, “A malalingua” pp. 76- 78.
  8. Ibidem “U jettaturu” pp. 71- 73.
  9. Ibidem, “Alla mia tessitrice” p. 140.
  10. Ibidem, “Precantu”, p. 165.
  11. Ibidem, “Alla mia bambola” p. 137.
  12. Cfr. G. Bendicenti, “I Canti del dolore”, Tipo – Editrice Bruzia Catanzaro 1931, p. 30.