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Fusione dei Comuni del Savuto: ascolto e coraggio al centro, con Idapaola Cerenzia tra le voci del cambiamento

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Intervista alla coordinatrice del Gruppo Sviluppo Savuto 

La proposta di fusione dei Comuni del Savuto ha origini lontane: risale infatti agli anni Settanta, quando il giornalista Salvatore Oddo ne delineò per primo i contorni e la visione. L’idea fu successivamente ripresa e rilanciata dalla testata giornalistica Rostema, diretta da Luigi Michele Perri, e oggi – a distanza di decenni – torna con forza al centro del dibattito politico, sociale e culturale grazie all’impegno del Comitato per la Fusione dei Comuni del Savuto, costituito da cittadini, studiosi e amministratori sensibili al tema. Non mancano, inoltre, proposte di legge attualmente giacenti in Consiglio regionale, che potrebbero imprimere una svolta concreta al percorso.

Ne abbiamo parlato con Idapaola Cerenzia, coordinatrice del Gruppo Sviluppo Savuto e tra le voci più attive in questo processo di rinnovamento.

D: Da quasi mezzo secolo si discute della fusione dei Comuni del Savuto, un progetto nato negli anni Settanta e oggi rilanciato grazie a un Comitato di cittadini e a nuove proposte di legge regionali. Perché, nonostante questo slancio, il processo fatica ancora a concretizzarsi? E soprattutto, come possiamo vincere le sfide che ostacolano la nascita di realtà amministrative più forti ed efficienti?

R: Il motivo principale è che, pur condividendo a parole la bontà della fusione, manca ancora una reale volontà politica e amministrativa di portarla fino in fondo. Il percorso è complesso, e le amministrazioni locali spesso si trovano a dover affrontare il cambiamento senza garanzie certe. Lo Stato ha previsto importanti contributi straordinari per i Comuni che scelgono la fusione, ma questi incentivi sono incerti, subordinati alla disponibilità di bilancio. Questo scoraggia chi dovrebbe compiere il passo. Per superare questo ostacolo servono strumenti economici stabili, certi e pluriennali, non soggetti a clausole discrezionali.

D: Oltre alle difficoltà economiche, esistono anche ostacoli burocratici e normativi?

R: Sì, e sono molto rilevanti. Le procedure di fusione sono percepite come lunghe e complicate. Manca una regia chiara e snella tra i diversi livelli istituzionali. Servono norme più semplici, che valorizzino l’autonomia locale e permettano percorsi flessibili, adatti ai singoli territori. La fusione deve diventare un’opportunità costruita su misura, non un labirinto di passaggi tecnici.

D: E poi c’è un tema di tipo culturale…

R: Senza dubbio. La resistenza culturale è forse la barriera più difficile da superare. C’è la paura di perdere l’identità del proprio Comune, le tradizioni, il senso di appartenenza. Ma la fusione non deve annullare queste specificità. Al contrario, deve integrarle. Servono municipi con rappresentanza locale, sportelli decentrati, consulte civiche, valorizzazione delle feste, della memoria e delle identità. La nuova comunità deve nascere come una somma di storie, non come una cancellazione.

D: Intanto i piccoli Comuni soffrono problemi sempre più gravi…

R: Purtroppo sì. I piccoli centri – quelli che potremmo ormai definire Nano Comuni – stanno diventando borghi agonizzanti. Lo spopolamento è inarrestabile, la popolazione è per lo più anziana, i servizi sanitari e assistenziali sono insufficienti, mentre il carico fiscale cresce a fronte di servizi inadeguati. La macchina amministrativa è spesso sguarnita di personale. Ritardare la fusione significa alimentare il declino. Un Comune più grande, invece, può offrire servizi più efficienti, attrarre investimenti, avere più forza politica e visibilità nei confronti della Regione e dello Stato.

D: Come si può dunque favorire una svolta concreta?

R: Coinvolgendo i cittadini.  Devono nascere da un percorso partecipato, fatto di incontri pubblici, di ascolto, di trasparenza. Bisogna spiegare bene cosa cambia, quali sono i benefici reali, con dati alla mano e con il racconto di esperienze di successo. Solo così si potrà costruire un consenso solido e consapevole.

D: In questo, la comunicazione ha un ruolo centrale…

R: È fondamentale. Spesso si ignora che un Comune più grande può fare molto di più: migliorare i servizi scolastici, sanitari, infrastrutturali, digitali. Le nuove generazioni devono sapere che da questo cambiamento possono nascere opportunità. Comunicare in modo chiaro, onesto e concreto è l’unico modo per abbattere la diffidenza.

D: In conclusione, qual è la visione del futuro? R: Vincere la sfida delle fusioni significa costruire una nuova idea di comunità, capace di affrontare i cambiamenti demografici, economici e ambientali. Serve coraggio, visione, ascolto, ma anche una vera alleanza tra cittadini e istituzioni. Il futuro sarà la fusione dei Comuni: oggi può essere una scelta intelligente, domani sarà imposta dagli eventi. Prepariamoci ora, con lungimiranza e senza paura.