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Epidemia, pandemia: la storia si ripete? La storia si racconta? La memoria non dimentica: perché a Santo Stefano esiste la Chiesetta di San Rocco? Quali le sue origini di Franco Garofalo

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Epidemia, pandemia: la storia si ripete? La storia  si racconta? La memoria non  dimentica:  perché a Santo Stefano esiste la Chiesetta di  San Rocco? Quali le sue origini  (di Franco Garofalo)

Franco Garofalo, dir. Resp. “ecodellavalle”

Il tempo scorre e la memoria degli accadimenti con esso si affievolisce e rischia di dissolversi nell’oblio. La memoria si tramanda oppure viene custodita in ambiti che, comunque, forniscono verità relative all’epoca in cui viene descritta. Già Benedetto Croce affermava: ogni storia passata è una storia contemporanea”.  Facciamo  nostra questa riflessione e addentriamoci nel centro storico del comune di Santo Stefano di  Rogliano (CS) dove, attraverso la Chiesetta dedicata a San Rocco,  il  passato storico diventa “presente” , diventa patrimonio esperienziale di una comunità alla quale  appartengono “i Pestosi”. Nomignolo che connota un trascorso di pestilenza, conosciuta e vissuta tanti secoli addietro, percepita e manifestata in quell’immagine sacra custodita, san Rocco, custodita  in questo scrigno di chiesetta, edificata dagli abitanti del luogo in segno di gratitudine verso il Santo che aveva allontanato la “pesta” dalla comunità.  Iniziamo questo nostro percorso, ricordando  che le Pandemia sono sempre esistite e che l’uomo ha sempre dovuto combattere con questi  “parenti” stretti, definiti  microorganismi  e ritenuti i nostri più lontani progenitori.

Sono ovunque, dentro e fuori di Noi e ciascuno di noi possiede più batteri che cellule. Ma nel corso dell’evoluzione sono emersi miriadi di altri microrganismi come: muffe, funghi e soprattutto quelle micidiali forme intermedie tra la vita e la non-vita che vengono definiti Virus che per moltiplicarsi necessitano delle cellule , aggredendo l’organismo con conseguenze a volte mortali. L’uomo ha sempre reagito, affidandosi alla sua intelligenza, alla sua creatività per combattere gli attacchi di questi microorganismi, appartenenti al mondo degli invisibili.

Il passato insegna che l’uomo non potrà sottrarsi a questa  guerra che conduce sin dalla sua apparizione nel mondo con quest’altro  “mondo” abitato dagli invisibili. Alcuni batteri sono anche nostri amici, sono parenti veri e ci aiutano  nella digestione altri invece sono sempre in agguato, pronti a colpire, appena si abbassa l’attenzione. La storia è un susseguirsi di epidemie, di pandemie che hanno decimato intere comunità che hanno lasciato sui rispettivi territori  simboli, testimonianze, racconti  sulle sofferenze provate. I libri, le persone più longeve  conservano i racconti forniti dalla società fondata sull’oralità in assenza di atti scritti. Attraverso questi strumenti possiamo comprendere quando l’umanità era inerme di fronte a questi flagelli.  Ma offre, oggi, a ciascuno di Noi come la ricerca scientifica abbia ottenuto efficaci e brillanti risultati per combattere questa guerra. Le armi  vengono individuate nella ricerca, nei vaccini, negli antibiotici, nei farmaci innovativi e nella strumentazione..

Tutto ciò ha cambiato la visione del modo in cui combattere questa guerra ma nel contempo la scienza ha compreso che i virus,  i batteri.. hanno una straordinaria capacità di trasformarsi, di “variare” e sviluppare  ceppi sempre più resistenti. La guerra non  cesserà: Potranno esserci momenti di tregua ma essa è destinata ad esistere perché  il mondo è costruito in modo tale in cui diversi “ mondi  possano coesistere, ma nessuno di loro sarà destinato comunque a soccombere definitivamente.

Il passato dimostra come le epidemie e le pandemie sono sempre esistite e come le comunità siano sempre state impegnate in questa lotta, in questa guerra. In ogni confine comunale si trovano i segni di questa lotta. E’ sufficiente guardarsi intorno.  All’inizio della Pandemia abbiamo proposto una riflessione, riservata al comune di Santo Stefano di Rogliano (CS) , definito paese dei “pestosi” ,nomignolo che deriva, appunto,  dalla “peste”, epidemia  che la comunità conobbe sulla propria pelle, lasciando sul campo centinai di persone. I cittadini per salvarsi della peste si  rivolsero ad un Santo, a San Rocco. Secondo la leggenda il miracolo si verificò:  l’epidemia venne allontanata e per devozione fu edificata una Chiesetta nella quale  viene tutt’ora custodita la sacra immagine del   Santo.

In questo periodo in cui la  Pandemia da Covid-19  non arresta la sua aggressività,  con le sue diverse  varianti, seminando sofferenze, decessi e crisi di ogni genere, non possiamo che riporre fiducia alla scienza.   Chi  ha sempre creduto nel suo valore  si adoperi per incentivare e  sviluppare la ricerca.  Per chi crede e conserva fede preghi!

Si ripropongono le riflessioni già avanzate all’inizio della pandemia dedicate alla comunità santostefanese ” I pestosi”

     Testimonianza di fede a Santo Stefano di Rogliano, paese dei “Pestosi”

In Calabria, nel comprensorio denominato Savuto, dal fiume che attraversa la Valle si intravedono, adagiati sui suoi pendii,   una miriadi di Comuni di piccole dimensioni demografiche, tra cui  S. Stefano di Rogliano. Situato a Sud   della città Bruzia, questo piccolo Comune,  è facilmente raggiungibile  da ogni luogo grazie alla presenza della rete autostradale, collocata a poche centinaia di metri dal centro urbano, dalla SS 19 e dalla Ferrovia delle Calabria.

Tale  lembo di terra ospita una comunità che in termini demografici conta  oggi più di  1700 anime. I suoi abitanti vengono descritti storicamente  “Pestosi”, appellativo che assunse,  in seguito all’evento epidemico  che colpì il paese nel lontano 1667.    Il nomignolo addossatogli  assunse in seguito un significato  dispregiativo da parte delle  comunità viciniore con le quali si registravano  contrapposizioni e difese di natura localistiche e campanilistiche.

In questo periodo di Pandemia  causata dal Covid-19  i Pestosi di Santo Stefano  si ritrovano, loro malgrado, a rivivere  emozioni del passato che il tempo sembrava  aver assorbito,  dimenticato e assopito.

Le epidemie cambiano, i batteri si modificano, i virus si trasformano, ma un’emozione rimane inalterata:  la paura. E in questo momento ciò che accomuna  la comunità  e le comunità che vivono il pianeta in forma di Villaggio globale è proprio la paura dell’ignoto, del pericolo dell’invisibile che colpisce e divora le certezze materiali  di ieri, date per acquisite  ed entrate in crisi dopo il Covid-19.

Stefano di Rogliano, al pari di tutte le comunità planetarie, rivive oggi i sentimenti che scaturiscono dall’ignoto, dalla stessa minaccia dell’invisibile da cui  eruppe la cosiddetta  Peste bubbonica.  La comunità nel  lontano 1667 conobbe sulla propria  pelle  gli effetti devastanti della Peste. Le famiglie furono duramente provate da questa malattia infettiva, di origine batterica. Il bacillo Yersinia Pestis  decimò la comunità locale e  non vi fu  famiglia che non conobbe  dolore, sofferenze e decessi. Si racconta che le persone infette venivano allontanate dalle famiglie  e abbandonate distanti dal paese, in luoghi di fortuna in attesa che la natura facesse il suo corso. La fede e  la preghiera erano gli unici farmaci ai quali ricorrere per costruire un filo di speranza  con la vita.

Si riporta che la comunità santostefanese, che all’epoca esprimeva forti  valori dello stare insieme, conservasse   uno  stretto legame sociale fondato sul principio del  mutuo soccorso,  sull’aiuto reciproco per superare le difficoltà che si presentavano nel momento delle emergenze. Fu proprio l’emergenza epidemica che spinse la comunità intera a rivolgersi al protettore del terribile flagello della peste che colpì le comunità di altri Paesi, tanto che il Concilio di Costanza lo invocò Santo per la liberazione dell’altra epidemia che era scoppiata nel 1414.

   Secondo quanto  ripreso e riportato nei secoli le preghiere furono efficaci. Grazie all’intercessione di  San Rocco, amico degli ultimi, degli appestati, dei malati infettivi.  L’epidemia  fu  inibita, restituendo alla comunità la serenità perduta anche se  in essa rimasero tangibili i segni dell’epidemia.

 I   fedeli,  per riconoscenza e gratitudine nei confronti della grazia ricevuta,  edificarono  in onore del Santo, una piccola cappella dove  si riunivano per rivolgere al “pellegrino che non aveva paura degli appestati”,  preghiere e canti di ringraziamenti.

La cappella sorse nel cuore del paese, nel rione denominato Capo Alfieri.

Invocato  come protettore dal terribile flagello della peste, San Rocco   venne sempre onorato con feste religiose e civili in segno di riconoscimento per l’intercessione ottenuta e la serenità riportata nella piccola comunità.

Ieri come oggi?

Il paragone tra la peste e il Covid-19  è temerario in termini di risposta socio-sanitaria: i tempi sono diversi, il progresso tecnologico ha raggiunto livelli magici, le conoscenze sono diventate a portata di tutti, i confini sono stati superati, riducendo i tempi anche in termini di trasmissione delle epidemie.

Tutto è cambiato, ma alcuni elementi rimangono invariati.

La peste  è una malattia trasmessa dagli animali all’uomo.  E’ di origine  batterica, mentre il Covid-19 (dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” indica l’anno in cui si è manifestata) ha origine virale. Si ritiene che questo sia di origine zoonotica ma attualmente  la modalità di trasmissione predominante è fra uomo e uomo, generalmente attraverso goccioline respiratorie (droplet) che le persone emettono starnutendo o tossendo.

Sappiamo storicamente   che la salute degli umani è strettamente correlata a quella del mondo animale con cui l’uomo entra in contatto o di cui l’uomo si è sempre servito e ancora si serve per trarre alimenti e trasformarli per il suo sostentamento.

Sappiamo  anche che  l’infezione della peste bubbonica   sia  stata provocata  dalla diffusione del bacillo denominato Yersinia pestis trasmesso attraverso la puntura delle pulci dei ratti ( Xenopsylla cheopis)  o tramite il morso dei ratti  stessi o di altri roditori. La peste del  1665-1666 comunque, si diffuse in maniera ridotta rispetto alla teste nera  che tra 1347 ed il 1353 che colpì duramente l’Europa.

La grande Peste fu un’epidemia di grande dimensioni.  In Inghilterra tra il 1665 e il 1666 si verificarono un numero di decessi  compresi tra  75.000 e 100.000,  cioè un quinto della popolazione della sua capitale, Londra.

La Peste è ancora una malattia   presente nel mondo anche se i numeri dei contagi sono esigui rispetto a quelli da cataclisma che si sono verificato nei secoli passati. Non incute paura perché  esistono cure efficaci e sistemi di allarmi idonei ad arginare l’epidemia.

Non  suscita  paura perché le condizioni igieniche sono migliorate, la ricerca è andata avanti e la gente ha imparato un po’ meglio a difendersi dalle infezioni.

Infonde  paura, invece, il Covid-19, Pandemia che ha sconvolto le coscienze di tutti i popoli e dal quale, non avendo ad oggi nessun farmaco specifico a disposizione per combatterla né tanto meno un vaccino per prevenirla, ci si avvale delle raccomandazioni,  emanate attraverso gli organi istituzionali, di non uscire da casa, attuare la quarantena, rispettare il distanziamento sociale  e tanti accorgimenti di natura igienico sanitaria atta a contenere la diffusione del virus.

Oggi come ieri?  Le società cambiano, i saperi crescono ma  la “guerra” eterna fra esseri umani e gli agenti infettivi, modificati, mutati sarà  sempre in agguato. Nessuno, infatti, è un’isola e di conseguenza le scelte del singolo si riversano inevitabilmente sui propri simili.

Per queste  considerazioni è necessario essere solidali con  i più deboli ed i più vulnerabili , in quanto verrà il momento in cui tra i più deboli e vulnerabili andremo ad annoverarci noi o qualcuno al quale teniamo particolarmente.

Chi vincerà alla fine questa  guerra tra uomo e gli  invisibili?  Ci possono essere momenti di stasi in cui le comunità non saranno attaccate in modo Pandemico. Potranno passare secoli, come è avvenuto per la comunità S. Stefanese, per la Peste e oggi con il Covid-19, ma diventerà difficile pensare che  tutto  terminerà in modo definitivo.  Possiamo  come società civile, avvalendoci della ricerca scientifica, della tecnologia  tenere a bada i nemici , gli agenti infettivi se sapremo, in sintesi essere uniti, se sapremo tutelare il singolo per tutelate l’insieme, se useremo le armi della civiltà e  della cultura.

Oggi come ieri?

Le Pandemie passeranno e come tutte lasceranno sul campo sofferenze e vittime. Il tempo assorbirà le ferite, farà  dimenticare le paure condivise e  vissute, in epoche diverse,  cosi come avvenuto per  l’infezione della Peste così come avverrà per il  Covid-19.

Dimenticheremo il perché  la cappella di San Rocco sia stata  edificata nel centro storico di quel paesino  che sorge ai  pendii  del Comprensorio  Savuto e quali le motivazioni spinsero la comunità ad  edificare il luogo sacro. Sarà  obliato   quel passato che ritorna in vesti diverse  dove l’uomo, fino ad ieri ritenuto “onnipotente”, forte e invincibile, si riscopre nudo e debole,  uguale  per vulnerabilità e paura a tutti gli altri.

Le epidemie, le Pandemie rendono uguali i cittadini di fronte alle minacce dell’”invisibile”. L’intelligenza di cui è provvisto l’uomo saprà fornire      le armi per difendere  e tutelare la propria salute.  I vaccini, i farmaci, hanno il pregio di prevenire e curare, ma di contro  ci fanno dimenticare le stragi che in passato si sono verificate.

 I rimedi provocano amnesia mentale e le tragedie vissute  a causa della  potenza distruttrice di alcuni microbi patogeni rimarranno circoscritte nella cronaca del tempo e in qualche pagina di libro di storia, che non andrebbe custodito solo nelle biblioteche  reali o virtuali,  ma principalmente  nella mente di ciascuno di Noi, nella memoria e nei gesti quotidiani per avere contezza sempre di ciò che siamo,  cosa rappresentiamo e cosa produciamo con i nostri comportamenti quotidiani e il nostro interagire con l’ambiente e la natura circostante, divenuta globale per benessere  ma anche per sofferenza.

( Franco Garofalo)