Home Attualità Critica all’abolizione dell’abuso d’ufficio: impatti giuridici e sociologici di Francesco Garofalo

Critica all’abolizione dell’abuso d’ufficio: impatti giuridici e sociologici di Francesco Garofalo

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Abolire l’abuso d’ufficio rappresenta un segnale negativo nei confronti dell’opinione pubblica e dei cittadini che richiedono maggiore trasparenza e linearità nella gestione della cosa pubblica. L’argomentazione secondo cui solo una minima percentuale  di  indagati giunge al processo o alla condanna non regge, né tanto meno supporta l’ipotesi che tale reato induca il responsabile a evitare di apporre la firma per evitare di incorrere in questa accusa. È come dire che dovremmo abolire il reato di diffamazione perché la quasi totalità dei giornalisti accusati di calunnia viene prosciolta o assolta. Per evitare denunce per abuso, è sufficiente non firmare quegli atti che presentano anomalie, evitando così che la giustizia segua il suo corso. Abolendo questo reato,  in assenza di  questo fondamentale deterrente si rischia  di generare clientele spaventose, diffusi favoritismi, sopraffazioni e abusi ai danni dei più deboli o dei meno furbi, forzature nella gestione della cosa pubblica e delle risorse finanziarie collettive, distorta interferenza nel libero mercato e soffocamento della meritocrazia. Questo rischio sarebbe ancora più accentuato nel nostro Sud, dove il peso della pubblica amministrazione sull’economia, sulle imprese e sul diritto al lavoro è decisivo.

Ogni cittadino dovrebbe leggere attentamente i contenuti dell’articolo 323 del Codice Penale, che potrebbe essere abolito a breve, avendo già avuto un primo riconoscimento favorevole da parte della Commissione Giustizia del senato. La norma afferma: “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità”. Questa norma è stata  introdotta a suo tempo evidentemente  con l’intenzione specifica dello Stato di tutelare il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione, un bene per tutti, irrinunciabile, e di difendere ogni singolo cittadino dalle possibili prevaricazioni dell’autorità e quindi per queste motivazioni andrebbe difesa anziché abolita. Ma  torniamo alla realtà del nostro  Sud  dove sovente si  effettuano nomine  nei diversi apparati, non sempre ispirate alle forme più elevate di civismo,  troppo spesso caratterizzate da fenomeni degenerativi più volte evidenziati da numerose inchieste della magistratura: scambio di voto, assegnazione pilotata di incarichi o di lavori, chiamate dirette per posti di lavoro basate su valutazioni personalistiche, e costituzione di centri di potere anomali finalizzati più al perseguimento degli interessi di lobby che al rispetto dei principi della

L’abolizione  di questa norma in una Regione come la nostra verrebbe ancora di più percepita, specialmente dai cittadini onesti che credono e operano per l’affermazione dell’Istituto della Trasparenza, della linearità e correttezza,   come un rilassamento nell’attività politico amministrativa, come una  forma di impunità rispetto alla rete di clientele, di favoritismi che si intrecciano per accrescere il consenso a scapito della trasparenza e della linearità.

L’abolizione del reato potrebbe essere in contrasto con le previsioni dei trattati internazionali e in particolare con la convenzione Onu di Merida, che l’Italia ha sottoscritto e che prevede gli strumenti di contrasto alla corruzione.

Anche perché, viene fatto notare, l’articolo 117 della Costituzione dice che lo stato e le regioni devono rispettare la Carta, l’ordinamento comunitario e gli obblighi internazionali.

Come  potrebbe il diritto penale restare indifferente a un pubblico funzionario che abusa dei suoi poteri, che prevarica i diritti dei cittadini, che assume comportamenti di angheria nei confronti dei diritti dei privati?  Secondo Voi questa è accettabile?

Anche dal punto di vista sociale, un argomento che mi sta particolarmente a cuore per ragioni professionali, intendo sottolineare che l’eventuale abrogazione dell’abuso d’ufficio avrebbe profonde implicazioni a livello sociologico, influenzando dinamiche e rapporti all’interno della società. Tra i diversi aspetti da considerare si annoverano:

  • La perdita di fiducia nell’istituzione: L’abolizione potrebbe erodere ulteriormente la fiducia della società nelle istituzioni pubbliche, la cui ampiezza è già preoccupante. La presenza dell’abuso d’ufficio è vista dalle comunità come una barriera contro l’arbitrarietà e il cattivo uso del potere, e la sua eliminazione potrebbe far sorgere dubbi sulla moralità e sull’integrità delle istituzioni.

. Incremento delle disuguaglianze: in assenza di una norma che sanzioni l’abuso d’ufficio, si potrebbe assistere a un aumento delle disuguaglianze sociali. La mancanza di regolamentazione potrebbe consentire pratiche discriminatorie e favoritismi, con gruppi privilegiati che traggono vantaggio a discapito dei meno influenti.

  • Corruzione e clientelismo: l’abolizione potrebbe creare un ambiente favorevole alla corruzione e al clientelismo. La mancanza di una norma specifica potrebbe aprire la strada a pratiche illecite e alla formazione di reti clientelari, con impatti negativi sulla meritocrazia e sulla giustizia sociale.
  • Crisi di valori: l’eliminazione di una norma che mira a prevenire l’abuso d’ufficio potrebbe contribuire a una crisi di valori all’interno della società. La norma svolge anche una funzione educativa, indicando che il corretto esercizio del potere è un valore fondamentale.
  • Reazioni della società civile: la società civile potrebbe reagire in modi diversi all’abolizione. Alcuni potrebbero percepire l’eliminazione come una maggiore autonomia e flessibilità nell’azione pubblica, mentre altri potrebbero vedere l’assenza della norma come una minaccia alla giustizia e alla responsabilità delle autorità.

In sintesi, l’abolizione dell’abuso d’ufficio avrebbe impatti significativi sulla società, influenzando la fiducia nelle istituzioni, la distribuzione del potere e la percezione dei valori fondamentali. La classe politica nel suo insieme dovrebbe esaminare attentamente come questi cambiamenti potrebbero plasmare le dinamiche sociali e influenzare il tessuto della comunità, magari arrivando alla conclusione di una Revisione della norma, ma evitando la soppressione (Francesco Garofalo)