Home Attualità Paolo Portoghesi: Il Signore dell’Architettura Italiana e il Sogno Infranto di Cosenza,...

Paolo Portoghesi: Il Signore dell’Architettura Italiana e il Sogno Infranto di Cosenza, secondo l’Architetto Francesco Celani, allievo del ” Maestro”

49

Il ricordo del Maestro  Paolo Portoghesi  nella missiva pervenuta alla redazione  da parte dell’architetto Francesco Cilento.  “Con la scomparsa di Paolo Portoghesi se ne va il Signore dell’architettura italiana. Restano il suo esempio di vita civile e professionale, i suoi progetti disegnati e costruiti, le sue lezioni, i numerosissimi saggi e testi, le riviste e tanto altro ancora che fanno di Paolo Portoghesi “una figura completa e complessa- ricorda l’architetto Cilento-  che tiene in sé la ricerca e la professione, la storia e il progetto”. Un intellettuale colto e raffinato, di irresistibile signorilità nel quale rigore scientifico, coerenza e umiltà procedono di pari passo. L’incredibile vitalità e l’eccezionale poliedricità nei vari campi del sapere confermano l’importante ruolo che Paolo Portoghesi ha svolto nella cultura architettonica internazionale; la capacità di muoversi a diverse scale –dal cucchiaio alla città tanto per intendersi- lo hanno reso uno dei maggiori architetti della nostra epoca. Io, studente proveniente dalla provincia meridionale, ne rimasi profondamente colpito in uno dei lunedì dell’architettura all’INARCH, nell’aprile del 1974 e, dopo qualche anno, nel 1997, venivo affascinato dal progetto di Roma Interrotta che fu per me guida nel lavoro di tesi. Fu così che all’indomani della laurea, sollecitato da un articolo di terza su Repubblica, cercai di stabilire con lui un rapporto: dopo neanche quindici giorni rinvenivo nella cassetta delle lettere un suo messaggio nel quale mi invitava a contattarlo. Era l’autunno del 1980, e da allora diventai suo “complice”- continua l’arch, Francesco Cilento-  nel progetto della Città Vallo di Diano che, nell’aprile del 1981 veniva presentato in una mostra presso l’Istituto Italiano di Cultura di New York. A distanza di qualche anno ne diventavo “collega” perché insieme incaricati dall’amministrazione comunale di Cosenza del PROGETTO ITALIA (centro polivalente di cultura, arte e spettacolo) e poi dall’amministrazione comunale di Rogliano del progetto di un insediamento turistico-residenziale sul Lago Ampollino. Paolo Portoghesi ritornava, in tal modo, a operare da architetto maturo nella provincia calabra dove, sul finire degli anni ‘50 del secolo scorso, aveva mosso i primi passi della sua attività di “architetto militante”. Oggi, a distanza di tempo, il mio pensiero corre alla frequentazione dei suoi studi professionali: quello di via Gregoriana e i due dell’Aventino, dove il Professore, con nobiltà di gesti ed eloquio colto, impartiva istruzioni ai collaboratori. Ricordo ancora – continua l’arch. Cilento- le sue idee sull’attaccamento al mestiere, l’approfondimento di alcuni tra i temi a lui cari, la sua rottura con l’ortodossia della modernità. Fra i molti momenti vissuti insieme quelli che terrò più vivi nella memoria sono tre. Il primo riguarda quel luminoso pomeriggio di ottobre del 1980 quando, in preda all’ansia, varcata la soglia del 24 di Via Gregoriana e premuto il pulsante dell’ascensore, mi trovai direttamente introdotto nel suo appartamento dove, insieme alle preziose carte da parati, erano i libri a rivestire le pareti. Quivi il professore, fattomi accomodare, mi invitava a srotolare gli elaborati del progetto di laurea, curioso di conoscere la città policentrica da me ipotizzata. Il secondo si riferisce a quando, nella serata del 19 aprile del 1989, nello studio insolitamente deserto di Sant’Alberto Magno (tre squadre italiane, infatti, erano in finale di coppa) entrambi stupiti per gli altri due colleghi che, mai arrivati, tardavano ad arrivare, presa dal taschino della giacca l’inseparabile Waterman, iniziò a tracciare le linee destinate a sottendere il PROGETTO ITALIA (vedi schizzo allegato). Ebbi modo in quell’occasione di toccare con mano- afferma l’arch. Cilento-  la capacità creativa di Portoghesi ed ebbi pure la prova che la sua passione per il lavoro di architetto non era mai un peso, bensì un piacere.

Nella descrizione della figura e delle opere portate a termine dal  “Maetro”  Portoghesi, fornita attraverso la nota pervenuta alla redazione dall’architetto Francesco Cilento, allievo del Maestro, appare  un “terzo momento”, collegato alla mancata realizzazione di un’idea-progetto  che se realizzata avrebbe  inciso favorevolmente nello sviluppo culturale della città. Tra i ricordi compare un incontro casuale che sarebbe avvenuto sul ponte Mario Martire sul Busento, dopo una riunione presso il Palazzo dei Bruzi il 25 gennaio ’95. Durante questo colloquio, sostiene l’architetto Cilento- “non sono sicuro se abbiano discusso del Progetto Italia, poiché in quel momento ero assente per prendere l’auto”.  A conclusione dell’incontro, una volta salito in macchina,  quasi tra i denti  mormorò la famosa frase   latina: “gladio ferit gladio perit”. Solo in seguito ho compreso il significato di questa frase. Purtroppo, a causa di contrasti tra le persone coinvolte, a farne le spese fu la Città di Cosenza  “che non vide mai realizzato il suo centro di cultura, arte e spettacolo”.