Lunedì 11 luglio. Le Nazioni Unite celebrano il World Population Day, la Giornata Mondiale della Popolazione. Un appuntamento per discutere e riflettere sulle diseguaglianze e squilibri presenti sul pianeta, anche alla luce dei rischi che l’incremento demografico porta con sé.
L’idea di creare la celebrazione fu ispirata dall’interessamento pubblico sollevato dalla “giornata dei 5 miliardi” caduta nel giorno 11 luglio 1987, data in cui approssimativamente la popolazione mondiale raggiunse la quota di 5 miliardi.
L’obbiettivo della ricorrenza è quello di aumentare la consapevolezza riguardo a tematiche legate alla demografia come l’importanza del controllo famigliare sulle nascite, la parità tra i sessi, la povertà, la salute durante la maternità e i diritti umani.
Per questa edizione 2021, l’ONU ha messo l’accento sulle disuguaglianze di genere. Il tema della fertilità si lega infatti a quello della libertà di scelta delle donne. Si tratta di un problema culturale, ma anche economico. Oltre a rendere il mondo del lavoro più sostenibile, una maggiore partecipazione femminile consentirebbe a sempre più donne di raggiungere l’indipendenza finanziaria, favorendo così una scelta senza condizionamenti.
La popolazione cresce e tra non molto raggiungerà otto miliardi. Un fatto che andrà ad incidere sui diritti, sul lavoro, sugli investimenti, sull’ambiente e equilibri finanziari . La sfida demografica è tutta nei numeri, come sottolinea l’ONU, “sono stati necessari centinaia di migliaia di anni perché la popolazione mondiale arrivasse al miliardo di abitanti. Poi, in appena 200 anni, si è moltiplicata per sette”. Nel 2011, infatti, ha raggiunto quota 7 miliardi. E oggi, secondo i dati più aggiornati, sfiora già i 7,9 miliardi. Quasi un miliardo di abitanti in più nell’arco di un decennio. La popolazione globale dovrebbe arrivare a circa 8,5 miliardi nel 2030, a 9,7 miliardi nel 2050 e a 10,9 miliardi nel 2100.
Ma cosa ha determinato una crescita a così impetuosa? Il risultato sarebbe determinato da diversi fattori. Benessere e progressi medici hanno aumentato l’aspettativa di vita, passata dai 64,6 anni dei primi anni ’90 ai 72,6 anni del 2019. Nel frattempo, i tassi di fertilità si sono ridotti: all’inizio degli anni ’70 le donne avevano in media 4,5 figli ciascuna; nel 2015 erano diventati 2,5. Il risultato di maggiore aspettativa di vita e minore natalità è un invecchiamento della popolazione: oggi tre abitanti del pianeta su quattro hanno più di 14 anni.
L’ avanzamento dell’età della popolazione interessa soprattutto i Paesi più ricchi dove diminuisce, comunque, la popolazione attiva sul totale degli abitanti: in altre parole, gli esseri umani in età lavorativa saranno sempre meno; quelli che percepiranno una pensione sempre di più. L’impatto di natura finanziaria è evidente. Si presenta di conseguenza il tema dell’occupazione strettamente legata ai diritti sociali da garantire. Se la vita allunga è anche vero che si presenta la necessità di assistenza, detrminando una crescita della spesa sanitaria per difendere la salute collettiva.
L’ONU ipotizza che, entro 2050, due terzi della popolazione mondiale vivranno nelle città. Si prevede, quindi, uno svuotamento delle aree rurali, che potrebbe incentivare i conflitti sociali.A questo si collega il diritto alla casa e ad altre esigenze e bisogni collettivi. “Per rispondere in modo più sostenibile alle esigenze degli individui – affermano le Nazioni Unite – i responsabili politici devono capire quante persone vivono sul pianeta, dove si trovano, quanti anni hanno e quante persone verranno dopo di loro”.